A tutta Brignone nel cuore dei talks di Buffa: "Shiffrin mi ha insegnato tanto, la sensibilità in pista è cruciale"

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A tutta Brignone nel cuore dei talks di Buffa: "Shiffrin mi ha insegnato tanto, la sensibilità in pista è cruciale"

Lunga e profonda intervista di Federica in casa Sky Sport, con la fuoriclasse di La Salle che ha parlato del suo sci, della sua filosofia di vita e di una voglia che è ancora intatta. "La manche più bella forse è stata la seconda del gigante di Killington 2018, ma anche nell'ultima stagione a Mont-Tremblant. Il percorso dei sogni, però, è quello per vincere la Coppa del Mondo".

Un racconto che ha svariato dall'infanzia al possibile obiettivo finale di Milano Cortina 2026, che però lei non definisce tale, una filosofia unica che, per certi aspetti, si è adattata al contesto come nel caso degli esempi da seguire per migliorare, vedi quello di Mikaela Shiffrin con la quale si confronta da sempre.

Federica Brignone è stata ospite del secondo episodio della 7^ puntata di “Federico Buffa Talks”, la serie di incontri che il popolare giornalista milanese organizza in casa Sky Sport, dove “Traiettorie di stelle” (la serie di episodi previsti per questa stagione di talks) viene proposta a più riprese, un'ora di intervista visibile anche on demand e in streaming su Now.

L'atleta più vincente nella storia dello sci femminile italiano, prima e unica donna azzurra a conquistare la Coppa del Mondo assoluta, si è raccontata prima di vivere il mese di allenamento a Ushuaia, con Fede che è tornata proprio nelle scorse ore dall'ottimo blocco di lavoro svolto sulle nevi argentine. Il direttore di Sky Sport, Federico Ferri, ha introdotto la fuoriclasse valdostana partendo dalle sue origini milanesi, che si legano in qualche modo a Buffa visto che “vivevo a pochi isolati da casa vostra e in ambito tennis ho visto tua mamma giocare un sacco di volte”, ha raccontato il giornalista a Brignone che ha definito Ninna Quario “sempre competitiva proprio come me, lei che ha sempre sognato di vivere in montagna e da qui è arrivata la decisione di trasferirci a La Salle, con papà che voleva stare anch'egli nella natura ed è sempre stato uno sportivo.

Ecco, papà Daniele è sempre stato bravissimo ad insegnare ai giovani e ha una pazienza infinita in generale, ci ha dato tanto parlando anche di mio fratello, che era lo sportivo di famiglia più dotato ma si è infortunato troppo volte e il suo corpo gli ha detto di no. Io da ragazzina? Non vincevo niente, pur avendo lo spirito agonistico sin da piccola: mi sono iscritta allo Sci Club Courmayeur, lo stesso di mamma, e da lì non mi sono più mossa da La Salle, dalla mia terra”.

Qualcosa per Fede è cambiato quando “all'ultimo anno in cui ne avevo la possibilità, ho partecipato al vecchio Trofeo Topolino ma davvero ci andai senza alcuna aspettative. Vincendo il titolo italiano di categoria in super-g c'è stato qualcosa, fino a quel momento era solo un gioco e ricordo di essere andata da una mia amichetta del periodo, dicendole di avere scoperto come si spingevano gli sci. A volte mi scontro con Davide (il fratello allenatore, ndr) sull'aspetto della sensibilità, fondamentale perchè mi baso tantissimo su ciò che sento, lo sci è come se fosse il mio piede allungato.

Sono molto emotiva, ho lavorato anche con l'ipnosi dall'estate del 2019 e a volte vengo sopraffatta dalla pressione che mi metto da sola: alla prima gara di stagione è praticamente automatico e ogni anno sempre di più, visto che all'inizio non mi aspettavo niente ed era già tanto poter disputare una sola gara di CdM. Ora ho più paura di non fare le cose giuste in pista e buttare via il lavoro fatto, è questo che temo e non la velocità o il ghiaccio, anzi”.

Un paragone in termini di approccio allo sport come l'ex sciatore Jannik Sinner? Di fatto impossibile, “perchè sono molto diversa da lui, che so quanto fosse bravo da bambino, quando vinceva a livello internazionale prima di scegliere il tennis. Sono meno quadrata, non sono una “killer” sportivamente parlando e ho bisogno di fare le cose che mi piacciono, gli anni in cui me ne sono privata sono stati proprio quelli dove ho reso meno”.

Dietro uno sport come lo sci ci sono mille variabili e difficoltà, lo sottolinea Federica spiegando che “a volte mi chiedo perchè l'abbia scelto, se pensi a quanto lavoro c'è dietro rispetto al pochissimo tempo che trascorri in pista per l'allenamento o alla durata così breve di una gara in cui ti giochi tutto. Proprio per questo, però, l'orgoglio di ciò che fai così bene in quel minuto è una cosa troppo bella, che ogni volta mi sorprende”.

La gara che ricorda con maggior piacere o dove si è sentita quasi perfetta (“perchè la perfezione non esiste”)? Difficile indicarne una sola: “Quest'anno il gigante delle finali a Saalbach, dove ho sbagliato tanto ma ho messo in pista uno sci davvero veloce, oppure la 2^ manche per vincere in rimonta a Mont-Tremblant. La prova più bella, forse, è stata però la seconda del gigante di Killington 2018”.

Il rapporto coi record, per Federica, conta il giusto: “Da appassionata di sport in assoluto, certi numeri mi rendono orgogliosa, ma per me stessa non li guardo come obiettivo da raggiungere. A volte capita di arrabbiarmi tantissimo, come a Kronplatz quest'anno: sì, perchè arrivavo a gennaio forse ancora più in forma di novembre e dicembre, ma non ottenevo i risultati che mi aspettavo e in più erano gare di casa, alle quali tenevo tantissimo.

Ho fatto piazzamenti mediocri per le aspettative e, arrivando alla fine della 2^ manche già seconda, anziché recuperare sulle prime, ero nera con me stessa. Non sapevo neanche ci fosse Sofia (Goggia, ndr) in testa in quel momento, semplicemente anche in quel caso pretendevo tantissimo e con me stessa so essere davvero cattiva”.

Se si parla di rivalità interne, Brignone sottolinea invece un confronto che le è servito tantissimo per crescere anno dopo anno. Ed è quello con Mikaela Shiffrin: “Avere in questo decennio una come lei di fronte mi ha aiutata tanto. Se sbagli tanto così, sai che ti frega e quindi mi porta a cercare sempre più la cura del dettaglio: Mikaela a 17 anni aveva già il suo team, prendeva l'elicottero curando benissimo il recupero, anche tra una manche e l'altra.

Per me tutto questo è arrivato molto più avanti, tanto che ho il preparatore personale solo da quando ho compiuto 25 anni”.

La polivalenza è stata la chiave per arrivare a coronare il sogno della sfera di cristallo: “Da ragazzina, quando guardavo le gare, gli sciatori che mi piacevano erano sempre quelli che facevano tutto e non gareggiavano solo dove potevano vincere.

E' certamente più difficile fare tutto e quindi più bello e gratificante, mi è sempre piaciuta la velocità ma le discipline tecniche sono più complicate: è stata una lotta diventare polivalente, sono entrata in Coppa del Mondo come gigantista e alla quinta gara ho fatto podio, quindi ho provato a diventare forte in una disciplina ma ho cercato di non mollare mai le altre.

La Coppa del Mondo è sempre stato il sogno, il vero sciatore ai miei occhi era appunto quello che vinceva la generale, quindi lo considero il percorso più bello vissuto nella mia carriera”.

C'è il rapporto con il mare e il progetto “Traiettorie Liquide” nato nel 2017 per aiutare la sostenibilità dell'ambiente (“e di cui vado molto orgogliosa”), in tema sci c'è il futuro che si chiama Milano Cortina 2026 per tanti campioni azzurri che vedono vicini i Giochi Olimpici di casa, ma Federica l'ha ribadito anche in questa occasione, ragiona anno dopo anno senza darsi scadenze. “Per me la neve è sempre stata una passione prima di ogni cosa, non potrei mai presentarmi con un lavoro fatto male e continuo a divertirmi a competere, a mettermi in gioco. Nel momento in cui mi peserà l'allenamento e non avrò più voglia di rischiare, sarà finita. Potrebbe essere domani, tra 2 mesi, un anno o due anni, ma a livello di risultati mi sento di dire che non mi manca nulla. Ho vinto molto più di ciò che sognavo da bambina”.

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