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Kristian Ghedina, celebriamo il compleanno di un mito della discesa: "50" come... nessuno

Kristian Ghedina, celebriamo il compleanno di un mito della discesa: '50' come... nessuno
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Sci AlpinoGhedoDay

Kristian Ghedina, celebriamo il compleanno di un mito della discesa: "50" come... nessuno

NeveItalia lancia il "GhedoDay": una giornata intera per ripercorrere la carriera di un grande dello sci azzurro, tra video, ricordi, testimonianze...

Kristian Ghedina fa... 50! Un compleanno tutto da celebrare, in questo 20 novembre, per un mito della discesa, un uomo che ha saputo regalare spettacolo ancor prima che pensare a collezionare successi.

Sono stati 13 in Coppa del Mondo, di cui 12 nella disciplina che aveva nelle vene sin da bambino, con una passione trasmessa in primis da mamma Adriana, maestra di sci che morì tragicamente sulla neve, quando Kristian aveva solo 15 anni.

Il “Ghedo” è stato grande, sempre al limite e spesso oltre, sin da quella meravigliosa annata 1989/1990 che lo fece conoscere al mondo intero, con le prime due vittorie in Coppa del Mondo ottenute nel finale di stagione ad Are e, 40 giorni prima, sulla sua Olympia delle Tofane di Cortina. Ha sempre e solo amato la “Perla delle Dolomiti”, mai abbandonata in mezzo secolo di vita e ora accompagnata, da ambasciatore e simbolo di un paese che è nella storia degli sport invernali, ai campionati del mondo di sci del 2021 (proprio in questi giorni Ghedina è in Cina, assieme ai rappresentanti della camera di commercio italo-cinese, per promuovere l'evento che arriverà un anno prima dei Giochi di Pechino 2022) e alle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026.

Pensate, cosa avrebbe dato Kristian per correre i Giochi sulle nevi di casa, dopo aver chiuso la carriera a Torino 2006; considerata la “pazzia” del soggetto in questione, non lo escluderemmo al 100%...

Parlare solo di numeri e del palmares vorrebbe dire sminuire un campione di una classe e una levatura fuori dal comune, capace di vincere le grandi classiche (Kitzbuehel, Wengen, Chamonix, Val Gardena... mancano solo Val d'Isere e Garmisch) e giocarsela su ogni tipo di terreno e situazione, anche se alcuni lo definivano uno “slittone”.

Ha sfiorato almeno due volte un titolo mondiale di discesa che avrebbe strameritato (argento a Sierra Nevada '96, bronzo a Sestriere '97, aprendo il suo palmares a livello iridato con l'argento in combinata a Saalbach 1991), mentre ai Giochi ha sempre avuto poca fortuna, specialmente a Nagano '98 quando si corse una gara pazza e condizionata dalla mega-caduta di Hermann Maier, con il 6° posto finale che rappresentò chiaramente una delusione, nella terza delle sue cinque Olimpiadi alle quali ha preso parte. Avrebbe meritato, eccome, anche e soprattutto una Coppa del Mondo di discesa, persa clamorosamente alle finali di Bormio 1995 (beffato per 11 punti da Luc Alphand) e nuovamente due anni più tardi (per poi concludere 2° anche nel 2000 dietro a Hermann Maier), ancora a favore del francese, uno dei tantissimi rivali che ha battuto più volte in pista.

Ghedo” è passato da Zurbriggen e Heinzer, agli Alphand e ai Kjus, per poi affrontare l'invincibile armata austriaca di fine anni '90 e inizio nuovo millennio; 33 podi complessivi nel massimo circuito, di cui 29 in discesa, pure due volre quarto nella classifica generale di Coppa del Mondo (1997 e 2000), con una longevità agonistica straordinaria, nonostante un passaggio a dir poco drammatico di una carriera che sembrava distrutta, quando nell'aprile 1991 il nuovo asso della velocità azzurra si schiantò sulla sua Wolkswagen Passat, nel cuore della Milano-Torino mentre era diretto per le gare di fine stagione a Courmayeur. Tre giorni in coma, ma soprattutto un recupero lunghissimo per i danni cerebrali riportati, tanto che Ghedina raccontò come, a mesi di distanza, i riflessi fossero totalmente “sfasati”, e in bicicletta si sentiva “un bambino a cui erano state tolte le rotelline”.

Oltre tre anni più tardi la rinascita e il trionfo del gennaio '95 sul Lauberhorn di Wengen, una delle perle indimenticabili assieme alla gemma di Kitzbuehel del 24 gennaio 1998, quando l'ampezzano scrisse la storia dello sci azzurro diventando il primo italiano a prendersi la discesa sulla Streif, per poi entrare definitivamente (ma lo era già...) nel mito, sei anni più tardi, con quella spaccata sul salto finale del tempio.

Quei salti “alla Ghedina”, tanto che uno gli verrà dedicato sulla nuova “Vertigine” di Cortina, oppure il capriolo che lo affiancò, sempre in quel 2004 così speciale negli ultimi anni di carriera, nel finale della sua Saslong, se pensiamo che in Val Gardena ha vinto quattro volte. E poi ancora la passione per le auto e una nuova carriera in vari ruoli, compreso quello di coach della nazionale croata e di Ivica Kostelic che diventò quasi discesista con Ghedo al fianco.

Le 12 vittorie in discesa raggiunte da Dominik Paris lo scorso marzo a Soldeu sembrano rappresentare un ideale passaggio di consegne, nella storia degli uomini jet azzurri che parte da Zeno Colò, passa per Herbert Plank e, dopo l'era Ghedina, arriva a “Domme”.

Oggi sono 50: grazie, mitico “Ghedo”!

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