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Guglielmo Bosca: "Dopo il podio di Garmisch mi sento più consapevole e sereno. È stata una liberazione"

Guglielmo Bosca: 'Dopo il podio di Garmisch mi sento più carico e sereno. Ho più coraggio di rischiare'
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Sci AlpinoINTERVISTA

Guglielmo Bosca: "Dopo il podio di Garmisch mi sento più consapevole e sereno. È stata una liberazione"

L’azzurro Guglielmo Bosca racconta a Neveitalia la sua lunga strada per conquistare il primo podio in Coppa del Mondo a Garmisch, tra infortuni e la voglia di crederci sempre.

Nel supergigante di Garmisch ha conquistato il suo primo podio della carriera in Coppa del Mondo all’età di trent’anni. Un successo dall’enorme significato che ha ripagato tutti i sacrifici di una carriera segnata da infortuni gravi, come la frattura di tibia e perone nel 2017 e il rischio di amputazione di una gamba per una complicazione cardiovascolare che lo hanno costretto a sottoporsi a 7 operazioni e a saltare due stagioni. Guglielmo Bosca, velocista della squadra azzurra, ci racconta con gioia e tanta soddisfazione tutto il suo percorso e le difficoltà incontrate per arrivare a coronare questo grande sogno in Coppa del Mondo.

Ci potresti raccontare la tua storia, dagli inizi sino all’arrivo in Coppa del Mondo?
La mia storia è un po' particolare per il mondo dello sci agonistico, perché sono nato a Canelli, in provincia di Asti. Fino alla quinta liceo andavo a sciare solo nei weekend a Courmayeur. Ho sempre frequentato scuole normali, pure quando ci siamo trasferiti a Milano. Ero iscritto allo Sci Club Crammont di Courmayeur e grazie ai miei allenatori di allora sono cresciuto sempre di più sino ad arrivare in Comitato. Da piccolo non ero molto bravo, ho cominciato ad andare bene dal secondo anno della categoria “Allievi” e anche nella categoria “Aspiranti” andavo abbastanza bene. Nelle gare regionali della Valle d’Aosta ero sempre tra i primi tre. Ho vinto qualche medaglia ai Campionati Italiani e dopo aver vinto il Gran Premio Italia Giovani sono entrato in squadra e nell’Esercito. Da lì è iniziato il mio percorso ad alti livelli anche se mi ero iscritto all’università, cercavo di portare avanti entrambe le cose. Ero uno sciatore un po’ “anomalo” perché quasi tutti i miei compagni di squadra erano cresciuti in montagna, sciavano anche durante la settimana, mentre io solo nel weekend.
In Coppa Europa inizialmente facevo soprattutto gigante, poi ho cominciato ad andare bene in velocità sino ad arrivare a fare i primi podi. Da lì sono stato catapultato in Coppa del Mondo con la prima gara a Kitzbuehel nel 2016.

A Garmisch hai conquistato il tuo primo podio in Coppa del Mondo, che lavoro è stato fatto per arrivare a questo traguardo?
È stato un lavoro molto lungo. Poco dopo i miei primi punti in Coppa del Mondo, mi sono infortunato gravemente a dicembre del 2017 durante il superG di Coppa Europa a Reiteralm. Mi fu diagnosticata la frattura di tibia e perone ed ebbi una complicazione cardiovascolare, la “sindrome compartimentale”. Ho rischiato l’amputazione di una gamba, dovetti affrontare 7 operazioni, impiegai un anno per rimettere gli sci e due anni per tornare a gareggiare.
In quel periodo, la cosa importante a cui si pensava era tornare a camminare, lo sci era passato in secondo piano. Ma io volevo crederci, volevo tornare a gareggiare anche se forse in tanti non ci credevano perché, appunto, le condizioni non erano buone. Ci sono riuscito, ho dovuto ricominciare da capo, e sono salito subito sul podio alla prima gara Fis. Da lì mi hanno convocato in Coppa Europa dove sono arrivato quinto e nel giro di un mese sono riuscito a tornare di nuovo in Coppa del Mondo anche se per il massimo circuito, avendo perso due stagioni, non ero fisicamente proprio a posto. Forse non ero ancora pronto. Però avevo fatto qualche buona gara come a Bormio dove nel superG della combinata feci un nono posto a circa 70 centesimi dal primo e in mezzo a grandi campioni come Dominik Paris e Alexis Pinturault. Quindi ho pensato che forse potevo ancora dire la mia. Sono andato ancora avanti e ho fatto una buona stagione tra Coppa Europa e Coppa del Mondo.
Purtroppo a dicembre del 2020, dopo che finalmente avevo ritrovato una buona regolarità, andando subito a punti nelle prime gare di stagione di Coppa del Mondo, mi sono fatto di nuovo male a Bormio: rottura del crociato del ginocchio. Un altro stop ed è stato mentalmente più difficile rispetto al primo infortunio perché ero tornato a essere competitivo. Ho perso una stagione per recuperare. La cosa positiva è che dopo gli infortuni, nonostante il tempo perso che mi faceva ripartire un bel po' più indietro, riuscivo in qualche modo a migliorarmi sempre e a crescere avvicinandomi sempre di più alle posizioni di vertice.

Dal 2022 ho cominciato a conquistare le prime top ten, lo scorso anno ho ottenuto la mia prima convocazione ad un Campionato del Mondo (Courchevel-Meribel 2023 ndr) e mi sono qualificato per le Finali di Coppa del Mondo. Quest’anno è l’anno che sono riuscito a essere più costante, sia in supergigante che in discesa. Già l’anno scorso in superG facevo dei parziali molto buoni, però poi magari facevo qualche errore e non riuscivo a mettere bene insieme tutti i pezzi. Il primo weekend di gare in Val Gardena è andato bene, perché in discesa ho fatto subito un buon risultato e il giorno dopo in superG per 3/4 di gara ero primo, davanti a tutti con grande margine sul secondo  e poi con un errore ho vanificato un risultato migliore.

In quello stesso weekend della Val Gardena, nell'ultimo giorno di gare però ho preso un brutto colpo ad un ginocchio e il weekend successivo a Bormio non sono riuscito a sciare sui miei livelli. Però quelle gare di Bormio mi sono servite molto perché, anche se ho fatto fatica, ho capito che per fare il risultato, dovevo rischiare di più, sebbene dopo due infortuni non sia semplice. A inizio gennaio sono riuscito a trovare più fiducia, un coraggio in più perché sentivo che potevo giocarmi il podio o comunque arrivarci molto vicino. E infatti così è stato, perché a Wengen in superG ho fatto una buonissima gara e sono arrivato quinto a pochi centesimi dal podio, ed era il mio miglior risultato in Coppa del Mondo. Quel risultato mi ha dato molta fiducia, ho pensato che ce la potevo fare e a Garmisch finalmente sono riuscito a mettere in campo una manche senza errori da cima in fondo. È stato veramente bello quando ho visto la luce verde al traguardo.

Cosa rappresenta per te questo podio?
Ci tenevo tantissimo a questo podio, specialmente per la storia che ho alle spalle. Per me personalmente ha un significato ancora più importante perché il percorso che ho intrapreso è stato arduo e molti mi chiedevano cosa mi spingesse a continuare, ad andare avanti nonostante tutto quello che avessi passato. La ragione era questa, sapevo che potevo arrivare a questo risultato ed è per questo che è stata una grandissima soddisfazione. Un podio in Coppa del Mondo è un bel traguardo, non tanti atleti ci riescono. Già il fatto di riuscire a tornare a gareggiare ad alti livelli mi aveva dato tanta gioia e soddisfazioni, ma il podio di Garmisch è uno step in più che rimarrà per sempre. Poi mi ha colpito molto ed è stato bello vedere come così tante persone, anche al di fuori del mondo dello sci, siano venute a conoscenza e si siano appassionate alla mia storia.

 

Cosa ha significato per te arrivare davanti ad un grande campione come Marco Odermatt nel superG di Garmish?
È stato pazzesco perché, come dicevo prima, avevo capito che nelle ultime gare potevo essere vicino ai primi, però il livello in Coppa del Mondo è veramente alto, ogni tanto Marco Odermatt e Cyprien Sarrazin sono veramente imprendibili.  A Garmisch avevo molta fiducia. Tagliare il traguardo, vedere la luce verde con Marco Odermatt terzo e Loic Meillard secondo è stato incredibile. Un po’ ci speravo, però un conto è sperarci e un conto e vederlo veramente. È stato davvero bello.

Considerando i tuoi gravi infortuni, hai mai pensato di ritirarti?
Sì, ci ho pensato seriamente al secondo infortunio quando mi sono rotto il crociato. Il primo infortunio era stata una cosa enorme, si parlava di rischio amputazione, era veramente grave e lì l’attenzione era più sul tornare ad una vita normale, quindi diciamo che la sfera agonistica sportiva era passata più in secondo piano. In quel periodo ero iscritto alla facoltà di Ingegneria all’Università di Milano e mi ha aiutato tanto. Mentre facevo riabilitazione, che era molto faticosa, andavo a fare gli esami e in quei due anni di stop sono riuscito a laurearmi in Ingegneria. L’Università mi ha tenuto impegnato, era un modo per staccare dalla solita routine della fisioterapia, un modo per crearsi un’altra strada, un’alternativa allo sci.
Il secondo infortunio, che comunque era serio, è stata una mazzata perché ero ritornato ad ottimi livelli e subire di nuovo un infortunio è stato veramente brutto. E quindi sì, ci avevo pensato a ritirarmi. In quel periodo sono state molto importanti le persone che mi sono state vicine e che hanno fatto sì che io continuassi a sciare, quindi devo ringraziare loro se sono riuscito ad ottenere questo podio perché da solo non ce l’avrei fatta.

Questa stagione in Coppa del Mondo si stanno vedendo tanti infortuni. A cosa sono dovuti secondo te?
Io non credo ci siano stati molti più infortuni rispetto agli altri anni, il numero è più o meno sempre quello. Ciò che desta attenzione è che quest’anno si sono fatti male nomi importanti come Aleksander Aamodt Kilde, Marco Schwarz, Petra Vlhova ed è caduta Mikaela Shiffrin. Però ogni anno ci sono tantissimi atleti, che stanno un pochino più nelle retrovie che si fanno male e non fanno notizia. Il motivo per cui quest’anno si sono fatti male più atleti top è difficile dirlo. Forse il fatto che quest’anno non ci sono Mondiali e Olimpiadi ha dato ancor più valore alla Coppa del Mondo, spingendo gli atleti che lottano per la grande coppa generale a partecipare a molte più gare senza saltare nessun appuntamento e accumulando fatica.

O anche, se non consideriamo la fatica, già solo il partecipare ad una gara di Coppa del Mondo e spingerti vicino al limite ti espone una volta in più a dei rischi. Il nostro è uno sport davvero pericoloso ed in particolare lo sono la Coppa del Mondo di discesa libera e di supergigante. Noi atleti lo sappiamo e in qualche modo lo accettiamo, ci sfidiamo veramente vicino al limite raggiungendo velocità vicino ai 150 km/h sul ghiaccio vivo. È una cosa che bisogna mettere in conto, forse io ci sono riuscito un po’ di più da gennaio in poi. Prima questo rischio, questa paura non la vivevo bene. Mi dava un po’ fastidio. E tutt’ora ci penso. Sono consapevole del rischio che corriamo ogni volta, però forse adesso sono riuscito ad accettarlo un po’ di più. Quello che un po’ mi dispiace è che questo rischio non sia molto percepito.

La gente non si rende bene conto, forse perché le immagini non danno giustizia a quello che facciamo. È un peccato, sarebbe bello se si riuscisse a raccontare meglio questo sport, quello che facciamo, almeno per rendere atto delle imprese che fanno gli sciatori in quelle situazioni. Anche perché limitare il rischio è molto difficile. Pure se si iniziano a mettere più curve e a togliere i dossi, il rischio ci sarà sempre, anche perché i materiali sono sempre più all’avanguardia, si riesce a fare sempre più velocità anche in curva. Quindi se non si può eliminare il rischio allora speriamo almeno che questo rischio venga mostrato e reso almeno per quello che è. Io personalmente in qualche situazione cerco in qualche modo di limitare il rischio, rallentare un po’, non riesco sempre ad andare al 100%, sicuramente gli infortuni che ho avuto giocano un ruolo in questo. In qualche passaggio so che magari potrei fare di più, però cerco in qualche modo di “salvarmi”.

Ora che hai conquistato il podio in Coppa del Mondo, quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
Il podio era una cosa a cui puntavo davvero tanto, è stata come una sorta di liberazione, perché adesso che l’ho ottenuto sono molto più sereno, riesco quasi a rischiare più di prima. Me ne sono accorto anche in questi giorni in allenamento. Mi sento molto carico, mi piacerebbe ci fossero più gare adesso e invece ne sono rimaste due in Norvegia e poi le Finali. È un po' un peccato che siano saltate le gare che erano in programma perché ce ne sono state tante concentrate in tre settimane e adesso abbiamo due mesi dove ci sono 4 gare. Ora mi piacerebbe essere competitivo anche in discesa, sto scalando un po’ le classifiche, spero di riuscire ad arrivare presto a giocarmela con i più forti anche in questa disciplina. Tra due anni ci saranno le Olimpiadi Milano-Cortina 2026 ed è sicuramente un obiettivo.  Sarebbe bello aggiungere qualche altro capitolo a questa mia storia nel mondo dello sci.

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