Prima il nubifragio, poi frane e smottamenti che hanno causato la morte di due persone. A San Vito Cadore e nei comuni limitrofi è stata una notte da dimenticare. Una frana partita dalla zona della "zopa" ha travolto il tracciato della pista da sci bianca, la partenza della seggiovia San Marco e alcune abitazioni nel centro di San Vito.
I danni alla seggiovia e alla pista sono ingenti ma la situazione più preoccupante si è verificata nel parcheggio della seggiovia, dove i soccorritori hanno rinvenuto alcune auto sommerse dai detriti, in una delle quali è stata trovata una donna polacca, cosciente ma in avanzato stato di ipotermia.
La frana ha anche travolto un piccolo ponte lungo la pista ciclabile di San Vito. E un’altra frana è scesa a valle nella zona di Borca di Cadore, a Cancia, dove nel luglio del 2009 un fenomeno analogo causò la morte di due persone, madre e figlio, sepolte nella loro baita da fango e sassi, ed una terza si è scaricata invece nei pressi di Auronzo, ricoprendo la strada regionale 48 delle Dolomiti. Qui il fenomeno è stato provocato dalla tracimazione del torrente Giralba.
Zaia: “Colpevole disinteresse verso il territorio” – Il numero di vittime, però, ha detto l’assessore regionale del Venetoalla protezione civile, Giampaolo Bottacin “è ancora provvisorio”, perché “manca qualcuno all’appello”. “Eventi come questi – ha proseguito – non dovrebbero accadere, anche se temporali come questi sono imprevedibili. Bisognerebbe investire di più in prevenzione”. Bottacin ha riferito che il ponte di Auronzo, che sembrava in pericolo, in realtà è percorribile a senso unico alternato, e che è stata riaperta la strada fra Auronzo e Misurina, nel bellunese. E su quanto accaduto interviene anche il presidente della regione Luca Zaia che attribuisce la “frequenza” con cui avvengono “episodi di questo tipo” anche a “un colpevole disinteresse verso il territorio. La vera emergenza nazionale – ha detto – da aggredire senza se e senza ma, è la messa in sicurezza del suolo e la prevenzione del rischio idrogeologico. Avevamo visto giusto nel predicare da anni, in linea con il piano di interventi firmato dal professor Luigi D’Alpaos, meno cemento e più opere di difesa del suolo”.
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