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Il grido di Giorgio Rocca: "Che errore chiudere, gli impiantisti sanno come organizzarsi"

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Turismoparola ai campioni

Il grido di Giorgio Rocca: "Che errore chiudere, gli impiantisti sanno come organizzarsi"

Il campione livignasco ha parlato a "Open": "Senza la riapertura a Natale ci sarebbe una vera e propria rivolta degli operatori della montagna".

Con le parole di ieri sera del premier Giuseppe Conte, che ha confermato a “Otto e Mezzo” come non ci si possa permettere le vacanze natalizie e la riapertura degli impianti, “per tutto quello che ruota attorno”, il mondo della neve si ritrova con il fortissimo rischio di una chiusura continuativa anche verso il nuovo anno.

Le Regioni stanno combattendo, così come ci hanno messo la faccia i campioni azzurri intervenuti in queste ore per esprimere un pensiero comune, ovvero impedire un autentico disastro economico per l'intero settore.

Da Alberto Tomba a Federica Brignone, da Gustavo Thoeni a Giorgio Rocca, interpellato sulle colonne di “Open”. L'ex slalomista valtellinese la pensa allo stesso modo: “Oltre al danno economico, la mancata riapertura manderebbe in depressione un sacco di gente, perché lo sci è libertà. E' uno sport all'aria aperta e si possono prendere delle precauzioni che permettano alle persone di andare in montagna in sicurezza. Pur di aprire gli impiantisti si adeguerebbero a qualsiasi organizzazione, come già stanno facendo le stazioni per fare in modo che la consegna di materiale venga fatta in luoghi ampi.

I ristoranti si sono adattati come tutte le località italiane con quattro persone al tavolo - continua Rocca - e pur di andare in montagna la gente mangerebbe anche all'aperto. Gli impianti di risalita ormai portano 3mila persone all'ora ed è stato già studiato un metodo per limitare l'affluenza per evitare gli assembramenti. Basta fare in modo che la giornata non inizi per tutti alle 9-10. Meglio lavorare con poche persone che stare chiusi. Allora perché non fare in modo di prenotare uno “slot” in cui partire, magari anticipando anche l'orario di apertura alle 8?

In questo modo chi ha iniziato alle 8, quasi sicuramente alle 12 sarà pronto per tornare a casa o in albergo. Faccio un esempio: lo svizzero tendenzialmente arriva in pista alle 7.45, mentre l'italiano parte alle 10. In Svizzera gli impianti sono aperti, anche se le restrizioni ci sono: caricano per metà le funivie, sulle seggiovie e in coda c'è l'obbligo di indossare la mascherina e prima delle seggiovie c'è un restringimento molto lungo.

Si torna un po' agli anni '70 e '80, dove c'erano lunghe code di persone in fila indiana”.

Accettare la chiusura, chiedendo aiuti al Governo? Rocca lo esclude: “Ci vorrebbero troppi soldi. Io stesso, che ho una piccola società, faccio fatica a immaginare che alcune delle persone che lavorano per me possano essere soddisfatte guadagnando anche solo l'80% di quello che avrebbero guadagnato lavorando. La scorsa stagione, seppur conclusa a fine febbraio, per fortuna abbiamo perso solo un terzo del fatturato, ma se la crisi parte a inizio stagione diventa davvero un problema.

Ovviamente è una misura che colpisce tantissime persone, dagli albergatori, ai noleggiatori e le scuole sci. Prendiamo tutti una mazzata pazzesca, perché la montagna vive di turismo. Per fortuna è andato bene il settore biking d'estate, ma non basta, soprattutto per chi vive soltanto di questo. La gente non dorme la notte: se non aprono gli impianti, ci sarà la rivolta”.

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