Per il settimo anno consecutivo l’Italia ha chiuso tra le prime tre la classifica per nazioni (anche se negli ultimi due inverni era stata seconda e in quello appena concluso è invece terza) ma era da un quarto di secolo che non c’era un numero così risicato di vittorie nella Coppa del Mondo di sci alpino.
Correva la stagione 1988-89, Alberto Tomba veniva dall’ubriacatura dei trionfi olimpici di Calgary. L’11 dicembre 1988 vinse lo slalom di Madonna di Campiglio e poi… basta. Fu quella la sua stagione più difficile (in cui più volte nei telegiornali si sentì dire l’irrispettosa frase “Tomba solo secondo”) che lo spinse a crearsi un team privato con, tra gli altri, Gustavo Thöni allenatore e Giorgio D’Urbano preparatore atletico. Quest’anno l’unico successo è arrivato lo scorso 30 novembre nella discesa maschile di Lake Louise grazie a Dominik Paris ed è molto probabile che ne sarebbe arrivato almeno un altro se l’altoatesino non si fosse fatto male nelle prove della Val Gardena compromettendo il suo rendimento per tutte le gare seguenti.
Allo stesso inverno 1988-89 risale l’ultima volta che i podi italiani in Coppa del Mondo erano stati così pochi: 9, con la differenza che quest’anno 7 sono arrivati dagli uomini e 2 dalle donne mentre 25 anni fa furono tutti maschili: la squadra azzurra femminile dello sci alpino viveva forse il momento peggiore della sua storia con le veterane che si erano letteralmente sciolte come neve al sole e le giovani che dovevano ancora crescere molto, e tra queste c’era Deborah Compagnoni che aveva già fatto vedere di essere un talento pazzesco ma che purtroppo era già alle prese con gli infortuni. E’ vero anche che ci sono stati anni in cui vittorie proprio non ce n’erano state, così come podi, ma il bilancio della stagione appena conclusa per l’Italia è tutt’altro che esaltante.
Un dato di fatto è incontrovertibile: da troppo tempo nella squadra italiana sia tra gli uomini che tra le donne non c’è qualcuno che dia la garanzia di poter vincere, o quantomeno di salire sul podio, in tutte le gare della sua specialità preferita, o delle sue specialità preferite. L’ultima probabilmente è stata l’appena ritirata Denise Karbon, che nella stagione 2007-2008, l’unica alla quale arrivò preparata fisicamente al meglio e senza infortuni, dominò letteralmente in gigante. Forse in questo momento un atleta del genere potrebbe essere Paris, che ha dimostrato di saper vincere su piste diversissime come la Stelvio di Bormio e Lake Louise, anche più di Christof Innerhofer, il quale per sua stessa ammissione ha detto di non riuscire ad andar forte dappertutto come fa il norvegese Aksel Lund Svindal, dato che odia i percorsi facili e la neve molle, tuttavia Inner, se la neve è dura e il percorso è impegnativo, in attesa degli sviluppi della carriera di Paris è l’unico uomo (o donna) da grandi eventi che abbiamo.
Il livello del nostro sci alpino è sempre globalmente piuttosto alto, e gli 84 piazzamenti tra i primi dieci stagionali, 55 tra gli uomini, 29 tra le donne, che sono in lenta ma costante crescita dopo la stagione scorsa molto negativa, stanno a dimostrarlo. Ma è diminuita fortemente, anche per un po’ di sfortuna (vedi i numerosi quarti posti, compresi i tre alle Olimpiadi), la presenza sul podio. Tra le donne molte venivano da infortuni e hanno dovuto lavorare duro per tornare ad alti livelli e oltretutto una, Sofia Goggia, si è fatta di nuovo male e non c’è stata per quasi tutta la stagione, inoltre almeno un paio delle giovani vanno recuperate soprattutto psicologicamente. Tra gli uomini ripetere nelle gare veloci una stagione straordinaria come il 2012-2013 era impensabile ma tutto sommato la squadra è competitiva, così come quella di gigante e slalom, dove ci sono alcuni giovani che sciano benissimo ma che devono ancora dimostrare di poter fare un ulteriore salto di qualità, e veterani che sono nella parte discendente della carriera. Con un’eccezione: il 35enne Patrick Thaler, mai così forte e continuo come quest’anno.
Tutti gli anni si sente dire dai nostri tecnici che le nostre atlete e i nostri atleti devono essere competitivi su tutti i terreni e che la preparazione, soprattutto estiva, viene svolta in questo senso. Eppure tutti gli anni le cose non cambiano: sempre con le dovute eccezioni, si fa grande fatica sui piani e sulla neve molle e invece si va alla grande sul ripido e sul duro. Forse la squadra che ha avuto in assoluto la miglior costanza di rendimento, soprattutto alla luce delle condizioni delle atlete a inizio stagione, è stata quella delle gigantiste, che però hanno ottenuto puntualmente il loro miglior risultato a Lienz, dove non era ripidissimo ma la neve era dura, con sette ragazze nelle prime sedici. Ecco, con i ragazzini e le ragazzine che aspirano a emergere e a diventare campioni bisognerebbe farli partire dalla specialità che secondo noi è alla base dello sci: il gigante, il giusto miscuglio di rapidità e velocità, preparandoli ad affrontare al meglio tutti i terreni, e poi ampliare i loro orizzonti dove, secondo i tecnici, hanno le qualità migliori per esprimersi, e cioè o slalom o gare veloci. Se non dimostrano tali attitudini che siano pure monospecialisti ma che siano almeno competitivi in ogni condizione di gara. Ma secondo noi è meglio sapersi destreggiare in più di una specialità, anche perché la Coppa del Mondo di sci alpino generale continua a premiare chi va forte in almeno due specialità. Se venisse abolita lasciando solo i trofei di specialità, come è avvenuto nello snowboard quattro anni fa, allora sì che la specializzazione avrebbe un senso.
BOLLETTINO NEVE
LOCALITÀ | I.APERTI | H. Min/Max |
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Zermatt Matterhorn | / | 0-0 cm |
Saas-Fee | / | 0-0 cm |
Livigno | 0/7 | 0-0 cm |
Stubai | 6/n/d | n/d-n/d cm |
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