Franzoso negli occhi, nella mente e nel cuore di Gugu Bosca: "Nessuno di noi ricorda una tua espressione triste"

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Gabriele Facciotti

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Franzoso negli occhi, nella mente e nel cuore di Gugu Bosca: "Nessuno di noi ricorda una tua espressione triste"

Anche il velocista di origini milanesi, che sta lavorando in questa fase al pieno recupero dopo l'infortunio dello scorso anno, ha voluto ricordare con un messaggio molto speciale il suo compagno di nazionale, tre giorni dopo la notizia dell'addio a Matteo.

Negli occhi, perché quel sorriso lo vedevano tutti ogni mattina, nella mente e nel cuore.

Matteo Franzoso è sempre presente nei pensieri degli azzurri che, a La Parva, stanno vivendo giorni purtroppo drammaticamente reali, dopo la scomparsa del ragazzo ligure che era così speciale.

Per Guglielmo Bosca, quello in Cile tra l’altro è un raduno particolare e fondamentale verso la stagione olimpica, anche se ormai è tutto cambiato con l’incidente mortale di Matteo: per il classe 1993 che da anni vive in Valle d’Aosta, è la fase finale del pieno recupero agonistico dopo il serio infortunio patito oltre 9 mesi fa a Beaver Creek. Ora, però, la mente anche di “Gugu” è solo a quel compagno di nazionale tanto amato. “Manchi già tanto, amico mio – ha scritto Bosca sui social - La tua ultima discesa ci ha lasciato senza fiato e fatto piangere tantissimo. Ha fatto parlare e scrivere moltissimo, diventando persino “mediatica”, che è una parola bruttissima per spiegare una scomparsa così umana.

Penso che il modo migliore per salutarti e farti restare con noi per sempre sia ricordare quello che eri. Credo che nessuno, tra chi ti ha conosciuto, riesca a ricordare una tua espressione triste. Sei stato un compagno di avventure speciale, un animo gentile. Grazie al tuo talento e alla tua tenacia hai raggiunto un livello che pochi atleti riescono a raggiungere.

Mi viene in mente la tua prima volta a Kitzbühel, eri in camera con me, la sera prima mi avevi fatto mille domande… dandomi, come sempre, grande fiducia. Sono rimasto al traguardo per aspettarti e nonostante ti avessero tenuto in partenza per ore e ore avevi domato la Streif con coraggio ed eleganza. A furia di pompare insieme in palestra siamo diventati sempre più grossi e un giorno hai iniziato a chiamarmi “GuguBestia”.

Da allora ogni volta che mi vedevi era diventato il tuo saluto, accompagnato dal tuo sorrisone. Me lo gridavi anche in partenza, prima di buttarci giù da una discesa a 130 all’ora come dei matti. Me l’hai detto anche l’altro giorno, prima di partire per la tua ultima discesa. Ho un dispiacere immenso dentro, continuo a chiedermi se avrei potuto fare di più. Tutte le attività umane hanno un rischio intrinseco di vario grado. La discesa libera a questo livello ha un rischio di grado superiore.

Da anni penso: “se cado lì a 140 all’ora, forse non mi rompo solo una gamba o una spalla?”. Quello che è successo poteva capitare a ognuno di noi. Eliminare del tutto il rischio credo sia impossibile, ma sono convinto che si possa e si debba fare di più. Tutti insieme, ce lo meritiamo. Guidaci tu, insieme a Matilde. Ciao MatteBestia”.

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