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Dal trionfo al dramma di Albertville, sino al volo d'angelo a Nagano: le tre Olimpiadi da leggenda di Deborah

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Sci Alpinocompagnoni day

Dal trionfo al dramma di Albertville, sino al volo d'angelo a Nagano: le tre Olimpiadi da leggenda di Deborah

Prosegue il nostro Compagnoni Day, per celebrare il mezzo secolo di vita della fuoriclasse valtellinese: la prima volta ai Giochi rimarrà per sempre nella mente di tutti, con l'oro in super-g e il grido di dolore del giorno dopo.

Tre viaggi unici, tre Olimpiadi da leggenda per tre ori (e un argento per soli 6 centesimi...) che l'hanno portata nella leggenda dello sci mondiale, unica donna a vincere un titolo in tre diverse edizioni dei Giochi.

Deborah Compagnoni è arrivata ad Albertville 1992 forte del primo successo in Coppa del Mondo, ottenuto tre settimane prima nel super-g di Morzine, ma è da considerare una semplice outsider di fronte alle grandi favorite, che rispondono ai nomi della padrona di casa Carole Merle, di una giovanissima Katja Seizinger e della dominatrice di Coppa del Mondo, Petra Kronberger, che quell'anno vincerà la terza sfera di cristallo assoluta consecutiva.

Debby è un portento nella velocità, ma i gravi problemi fisici accusati sin da giovanissima non possono che porre dubbi sulle sue possibilità in un evento come le Olimpiadi; ebbene, rinviato di 24 ore per le condizioni meteo avverse in quel di Méribel, che ospita le gare di velocità, il super-g femminile si disputa nella stessa mattinata del gigante olimpico maschile in Val d'Isère. Diventerà una giornata da leggenda, il 18 febbraio 1992, con Alberto Tomba per la terza volta oro ai Giochi dopo la doppietta di Calgary, e una Deborah Compagnoni semplicemente dominante nella sua prima volta olimpica.

In testa c'è proprio la donna più attesa, Carole Merle, quando col pettorale n° 16 tocca all'azzurra; già un paio di decimi di vantaggio al primo intermedio, dopo 30 secondi di gara, accendono l'allarme in zona arrivo, che diventa dramma sportivo per i francesi quando Deborah supera come un missile il tratto centrale, arrivando ad accumulare 1”29 all'ultimo rilevamento, sino a rifilare 1”41 ad una Merle attonita. E' la nascita di una stella, non ci possono essere dubbi dopo tutto quello che ha passato ed è stata in grado di superare, dipingendo un capolavoro nella gara più importante del quadriennio. Seizinger sarà di bronzo a 1”97, Kronberger giù dal podio per un centesimo, a dimostrazione che tutte le favorite sono lì, ma ben distante da una fuoriclasse che ha finalmente trovato il modo di dimostrare un talento fuori dal comune.

Eppure, la gioia dura solo lo spazio di 24 ore: il 19 febbraio si corre il gigante, di nuovo in una splendida giornata di sole e con la Compagnoni chiaramente tra le più attese, anche perchè tra le porte larghe aveva già ottenuto il primo podio in Coppa del Mondo, due mesi prima nella sua Santa Caterina Valfurva. Il pettorale di partenza è il n° 14, ma bastano 15 secondi di gara nella prima manche per incontrare nuovamente il destino beffardo, con un'inclinazione che porta l'azzurra a caricare troppo la gamba sinistra e quel ginocchio sano (Debby si era distrutta il destro, quattro anni prima) che cede di schianto.

Deborah si piega, si tiene forte il ginocchio sinistro e grida, grida fortissimo un “ahia”, prima di crollare a terra, che entrerà di prepotenza nelle case di ogni appassionato di sci, e in particolare di milioni di italiani che da quel giorno la ameranno ancora di più. Il legamento crociato anteriore è saltato, i sogni del bis d'oro svaniti ma, soprattutto, una carriera di nuovo in pericolo proprio quando la stella era nata, nel magico super-g del giorno precedente. La gara verrà poi vinta nettamente da Pernilla Wiberg, mentre il saluto di Deborah ai Giochi di Albertville la porta direttamente in clinica a Lione, per l'operazione effettuata dal prof Chambat, che già l'aveva operata in passato.

Se il rientro nella stagione 1992/93 vede la valtellinese tornare al successo in Coppa del Mondo, di nuovo nel super-g di Morzine, bisognerà attende i Giochi di Lillehammer 1994, anticipati di due anni per evitare la concomitanza che non sarà più tale con le Olimpiadi estive, per rivedere la vera Compagnoni regalarsi un altro trionfo a cinque cerchi. Deborah arriva in Norvegia forte di tre successi in gigante nell'annata di coppa, ma ormai la velocità va messa da parte per evitare guai con due ginocchia in quelle condizioni. In super-g è 17esima, nel giorno in cui Isolde Kostner si regala un bronzo da favola a neppure 19 anni. Passano nove giorni e, il 24 febbraio, la rinascita è definitiva sulle nevi di Hafjell: il pettorale è lo stesso del drammatico gigante olimpico di due anni prima, ovvero il n° 14, ma questa volta non c'è nulla a fermarla. In testa dopo la prima manche, Debby domina anche la seconda e conclude con 1”22 su Martina Ertl (che a soli 20 anni vincerà poi il mese successivo la sua prima gara in CdM) e 2 secondi netti su Vreni Schneider, con Anita Wachter e Carole Merle giù dal podio (e Lara Magoni settima). Il 26 febbraio, la seconda avventura olimpica di Deborah si concluderà con lo slalom, dove giunge decima nel gran giorno della stessa Schneider.

Proprio tra i pali stretti, quattro anni più tardi la campionessa azzurra sfiorerà il terzo titolo olimpico in tre diverse discipline; il 19 febbraio 1998 a Nagano, infatti, sembra fatta quando Deborah conclude la prima manche con la bellezza di 60 centesimi di vantaggio su Hilde Gerg, seconda a metà gara. Il margine non basterà, con l'azzurra che perde progressivamente e viene beffata dalla tedesca per soli 6 centesimi. Il giorno dopo si deve correre il gigante e la Compagnoni confesserà poi di “sentirsi obbligata a vincere”. Pressione? Macchè, Debby vola come un angelo già nella prima manche e nella seconda aumenta ancora, intermedio dopo intermedio; arriverà al traguardo con 1”80 su Alexandra Meissnitzer e 2”02 su Katja Seizinger, non proprio le ultime arrivate.

E' tris olimpico e, proprio quel 20 febbraio, l'ultima vittoria di Deborah Compagnoni. La chiusura perfetta del cerchio.

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