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Francesca Lollobrigida: “Rotelle e Olanda per vincere ancora sul ghiaccio”

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Francesco A. Armillotta

Speed SkatingSpeed Skating - Intervista

Francesca Lollobrigida: “Rotelle e Olanda per vincere ancora sul ghiaccio”

Tra ghiaccio e rotelle non si ferma mai. Francesca Lollobrigida, classe 1991, romana, ha certamente contribuito a dare visibilità e soddisfazioni allo speed skating italiano. Notorietà finalmente non dovuta "solo" per le sue illustri parentele (il papà Maurizio è stato un campione di pattinaggio inline e la prozia, e Diva del cinema, Gina non ha bisogno di molte introduzioni). Ma Francesca ha realizzato qualcosa di attesissimo per una disciplina in difficoltà dopo il ritiro di Enrico Fabris: ha riportato il tricolore sul podio più alto in pista lunga, dopo oltre quattro anni. Poco più di un mese fa ha conquistato la Coppa di specialità nella “sua” Mass Start, vincendo l’ultima prova nelle Finali di Heerenveen
In esclusiva per Neveitalia, Francesca ha raccontato la sua stagione appena trascorsa. Con un occhio di riguardo per il passato e soprattutto per il futuro, dove promette spettacolo.

Con l'hurrà di Heerenveen è arrivata una Coppa che all’Italia mancava dal 2007, quando Chiara Simionato fu regina dei 1000m. La Lollobrigida ha centrato una vittoria auspicabile, ma difficile da ottenere, che ha rafforzato il suo status di popolarità in Olanda dal novembre 2012, quando ha vinto (la prima italiana) la sua prima maratona sul ghiaccio in “terra oranje”, dove vuole continuare ad allenarsi in condizioni ideali.

Ma la stagione di Francesca aveva conosciuto delusione ed emozione di un esordio olimpico poco fortunato e la gioia per i nuovi record italiani su 3000 e 5000 metri. Tutto qui? Niente affatto. La 23enne viene dal pattinaggio a rotelle su strada, dove è stata pluricampionessa del mondo. Talentuosa e inesauribile, il giorno successivo la vittoria sul ghiaccio di Heerenveen, è ripartita per l’Italia. E neanche a dirlo, a poche ore di distanza ha vinto il Campionato nazionale inline


Francesca, il 2013-14 è stata una stagione da ricordare. Impossibile non ripercorrerla cominciando dal sogno di ogni sportivo: l’Olimpiade.

«Sicuramente la mia prima Olimpiade è stata una bellissima esperienza. Anche se dalla mia gara (i 3000m in cui si è piazzata 23esima, ndr) mi aspettavo di più. A Sochi ho visto che le avversarie, nonostante fossero le stesse atlete contro cui iniziai a correre da novembre in Coppa del Mondo, erano in grande forma. Come italiani abbiamo dovuto guadagnarci e mantenere stretta la qualificazione durante la Coppa, mentre le più forti olandesi e americane si assicuravano il pass e poi, al loro posto, correvano altre atlete sempre competitive. È stata un’esperienza, in ogni caso, emozionante, forse fin troppo. Ma da cui ho ricevuto quella determinazione e quella maturazione necessarie per affrontare i prossimi quattro anni fino a Pyeongchang 2018. È poco ma sicuro. La gente considera i Giochi Olimpici come un coronamento, una finalità. Io invece posso dire che quest’esperienza è stata solo un inizio per me».

Un percorso sorprendente quello che l’ha portata ai Giochi. Se si considera che gli anni di avvicinamento non sono stati così regolari….

«Sì, in pista lunga ho iniziato con la Coppa del Mondo nel 2008. All’epoca mi seguiva Maurizio Marchetto (oggi c.t. della Russia, ndr). All’epoca andavo ancora a scuola e non on era di certo un’attività sportiva regolare. Ad esempio, in Nazionale partecipavo ai raduni che duravano un paio di settimane e poi tornavo a casa a Roma. E in estate mi dedicavo al pattinaggio a rotelle. Purtroppo, però, due anni fa sono stata ferma tutto l’inverno perché ho subìto tre interventi per recuperare da un infortunio alla spalla. Quando sono rientrata, ho deciso di ricominciare dall’Olanda. Da lì ho iniziato la mia carriera nelle maratone sul ghiaccio. Un’ottima base per l’allenamento. E solo dall’inizio della scorsa stagione sono rientrata a tutti gli effetti in Nazionale».

In ogni caso è arrivata fino ad oggi mantenendo saldo un doppio binario tra ghiaccio e rotelle. Vorrà continuare con entrambe le discipline?

«Certo. Perché le “rotelle” completano la preparazione lungo tutto l’arco dell’anno fino all’inverno. È ormai evidente che lavorano su entrambi i fronti non dico più persone, ma soprattutto chi vince sul ghiaccio. È sufficiente guardare ai campioni olandesi, o al belga Bart Swings. Per questo penso anche la Federazione del Ghiaccio dovrebbe aprire gli occhi davanti a questo dato di fatto, e seguire con più attenzione il pattinaggio su rotelle. Io personalmente non riesco a stare otto mesi (da marzo a novembre, quando la stagione invernale inizia, ndr) senza competizione. Così compenso con le gare vere inline, in primavera ed estate. Il tutto comunque focalizzato a una preparazione per il mio sport invernale. Se non ci fossero casi con pattinatori vincenti in entrambi gli sport, mi dedicherei esclusivamente al ghiaccio».

Tornando alla sua fortunata stagione. Anche l’ingresso in Aeronautica ha contribuito alla sua tranquillità?

«Certamente. Devo ringraziare l’Aeronautica Militare per il supporto importantissimo che mi ha dato. Mi ha dato più tranquillità, senza ombra di dubbio Nel Gruppo io non sono entrata da sportiva, ma da civile, facendo tre giorni di test a Taranto. Ho fatto il concorso e l’ho passato come chiunque altro. In base ai miei risultati, mi hanno poi fatta entrare nel Gruppo Sportivo nel luglio del 2013. Avevo promesso loro una qualifica alle Olimpiadi invernali. E ho mantenuto l’impegno».

Un supporto che ovviamente, anche a livello economico, l’ha aiutata. Le cose sono migliorate dai primi tempi in cui andava a gareggiare in Olanda?

«Sì, c’è stato un periodo in cui laggiù gareggiavo completamente di tasca mia. Per fortuna devo ringraziare la notorietà che mi sono conquistata e che mi ha fatto avere degli sponsor del posto. Sicuramente mi è servito moltissimo e grazie a loro sono indipendente quando vado a gareggiare lì».

È facile diventare una “star” nella patria del pattinaggio?

«Posso dire che l’accoglienza che ho ricevuto là non l’ho ritrovata da nessun’altra parte. Dopo la mia prima vittoria in maratona, mi hanno fornito una base e soprattutto lo spazio per allenarmi in pista. Il prossimo anno vorrò continuare ad allenarmi lì: ovviamente concordando tutto con la Federazione italiana e l’Aeronautica. Siamo una squadra e mi sento parte di una squadra. Si lavora con lo stesso obiettivo e vorrò continuare a farne parte, pur essendo all’estero. Stimo molto gli olandesi e come riescono ad allenarsi e a prepararsi. Ognuno ha un proprio team, con un allenatore e un fisioterapista. Hanno parecchio campo libero».

Invece in Italia non è semplice trovare le condizioni ideali per allenarsi?

«Per me, a livello ambientale, è complicato. A Baselga di Piné (l’unica pista lunga d’allenamento in Italia, utilizzabile solo in inverno perché all’aperto, ndr) non è proprio l’ideale. In primis per via dei miei problemi alla tiroide. Questi mi condizionano soprattutto in altura e soffro molto di più la fatica. Patisco freddo e intemperie e spesso sono costretta ad allenarmi al di sotto delle mie capacità. Prima dell’inverno ero preparata perché a casa, con il mio allenatore, preparavamo il tutto in funzione delle Olimpiadi. Sono arrivata a novembre facendo i record italiani nei 3000 e poi nei 5000, rendevo con la preparazione ancora dalle rotelle. Poi, dopo i primi mesi di Coppa ho iniziato a lavorare con il team, ma mi mancavano gli allenamenti abituali e mi sono sentita un po’ calare. Quest’anno poi, essendo stata per un lungo periodo a Baselga, pativo anche gli altri compagni tornavano sempre a casa. Io ero l’unica “cittadina” del gruppo e non potevo farlo. Forse è un mio punto debole. Ma se mi devo allenare per vincere, vorrei scegliere le condizioni ideali per farlo. Chiarisco: non discuto la preparazione sul ghiaccio, ma credo che chi viene dalle rotelle debba essere libero di portare avanti un programma diverso. Si potrebbe perfezionare tutto trovando una collaborazione con le due Federazioni. E non lo dico solo per me, ma anche per i pattinatori nel futuro».

A rafforzare questa idea, ha dalla sua i risultati. La vittoria della Coppa ne è un esempio?

«Sì e spero serva a tutto il movimento italiano per migliorarsi e ad ampliare le vedute. Sono i risultati che parlano. Se non ci tenessi, avrei potuto anche cambiare nazione. Alle Olimpiadi è successo in molti casi e ne sono rimasta un po’ basita. E io voglio essere parte dell’Italia come team e gareggiare in azzurro».

Nella conquista della Coppa di specialità quanto l’ha aiutata l’esperienza sulle rotelle?

«La tipologia della gara a punti è simile. Ci sono le volate intermedie e la gara è particolare. Nella mia Mass Start in Coppa, a Inzell (dove è giunta quinta, ndr) ho sbagliato, concentrandomi troppo sulle volate. E non avendo però una compagna con cui spalleggiarmi, riportandomi sotto, sono rimasta indietro per il gioco di squadra delle olandesi. Alle Finali di Heerenveen, invece, ho cercato di rimanere tranquilla in vista della volata finale. All’ultimo giro ero molto indietro, ma grazie anche alla destrezza acquisita dalle rotelle, sono riuscita a uscire per prima dall’ultima curva. Non mi sono fatta “fregare” una seconda volta».

Insomma, la Mass Start è un obiettivo importante per il futuro. E se dovesse entrare nel programma olimpico…

«Per ora sarà sicuramente ai Mondiali 2015 di speed skating. Per il resto, si vedrà. Ci sono ancora delle cose da perfezionare, come ad esempio modificare giri e tute, magari avvicinandosi a quelle dello short track. Io personalmente non mollerò assolutamente 3000 e i 5000 classici. Sono una a cui piace gareggiare e non mi tiro indietro assolutamente. Prendo ad esempio campionesse come Wüst, Graf e Sáblíková hanno molti più anni di gare. Per loro è un’abitudine a girare veloci e costanti. Io difetto di costanza, ma la potrò trovare solo gareggiando il più possibile. E poi c’è la tecnica, che devo migliorare continuamente. E per fare ciò sono importantissime le ore d'allenamento sul ghiaccio».

Nel frattempo c’è da coltivare con un sogno possibile. Presto potrebbe gareggiare con sua sorella minore Giulia. Chissà, in una Mass Start olimpica aiuterebbe il gioco di squadra azzurro?

«Sarebbe bello andare ai Giochi invernali del 2018 con lei. Con Giulia ci stiamo allenando insieme dopo che ci siamo separate durante lo scorso inverno. Avere lei nella Mass Start potrebbe essere molto importante, conterà quindi molto il gioco di squadra. Insieme potremo fare ottime cose. Il prossimo anno passerà tra le Senior e speriamo di avere più occasioni per correre assieme».

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