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L’Italia dello sci di fondo chiude senza medaglie trent’anni dopo Sarajevo

L’Italia dello sci di fondo chiude senza medaglie trent’anni dopo Sarajevo
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Sci NordicoSci di fondo - Italia

L’Italia dello sci di fondo chiude senza medaglie trent’anni dopo Sarajevo

I Giochi Olimpici di Sochi hanno interrotto una serie di sette Olimpiadi consecutive in cui l’Italia dello sci di fondo conquistava almeno una medaglia.

A partire da Calgary 1988 sono infatti arrivate 33 medaglie, 8 ori, 12 argenti e 13 bronzi che lo avevano elevato ad uno dei più prolifici per i colori azzurri negli sport invernali. Senza dimenticare comunque che la prima, storica, medaglia d’oro fu vinta da Franco Nones nella 30 km a Grenoble 1968.

Queste le medaglie portate a casa dall’Italia alle Olimpiadi nello sci di fondo

ORO
Franco NONES (30 km – Grenoble 1968)
Stefania BELMONDO (30 km TL – Albertville 1992)
Manuela DI CENTA (15 km TL – Lillehammer 1994)
Manuela DI CENTA (30 km TC – Lillehammer 1994)
Maurilio DE ZOLT, Marco ALBARELLO, Giorgio VANZETTA, Silvio FAUNER (Staffetta 4x10 km – Lillehammer 1994)
Stefania BELMONDO (15 km TL mass start – Salt Lake City 2002)
Gabriella PARUZZI (30 km TC – Salt Lake City 2002)
Fulvio VALBUSA, Giorgio DI CENTA, Pietro PILLER COTTRER, Cristian ZORZI (Staffetta 4x10 km – Torino 2006)
Giorgio DI CENTA (50 km TL mass start – Torino 2006)

ARGENTO
Maurilio DE ZOLT (50 km – Calgary 1988)
Stefania BELMONDO (10 km TL inseguimento – Albertville 1992)
Marco ALBARELLO (10 km TC – Albertville 1992)
Giuseppe POULIE, Marco ALBARELLO, Giorgio VANZETTA, Silvio FAUNER (Staffetta 4x10 km – Albertville 1992)
Maurilio DE ZOLT (50 km TL – Albertville 1992)
Manuela DI CENTA (5 km TC – Lillehammer 1994)
Manuela DI CENTA (10 km TL inseguimento – Lillehammer 1994)
Stefania BELMONDO (30 km TL – Nagano 1998)
Marco ALBARELLO, Fulvio VALBUSA, Fabio MAJ, Silvio FAUNER (Staffetta 4x10 km – Nagano 1998)
Stefania BELMONDO (30 km TC – Salt Lake City 2002)
Giorgio DI CENTA, Fabio MAJ, Pietro PILLER COTTRER, Cristian ZORZI (Staffetta 4x10 km – Salt Lake City 2002)
Pietro PILLER COTTRER (15 km TL – Vancouver 2010)

BRONZO
Bice VANZETTA, Manuela DI CENTA, Gabriella PARUZZI, Stefania BELMONDO (Staffetta 4x5 km – Albertville 1992)
Giorgio VANZETTA (15 km TL inseguimento – Albertville 1992)
Giorgio VANZETTA (50 km TL – Albertville 1992)
Stefania BELMONDO (10 km TL inseguimento – Lillehammer 1994)
Bice VANZETTA, Manuela DI CENTA, Gabriella PARUZZI, Stefania BELMONDO (Staffetta 4x5 km – Lillehammer 1994)
Marco ALBARELLO (10 km TC – Lillehammer 1994)
Silvio FAUNER (15 km TL inseguimento – Lillehammer 1994)
Silvio FAUNER (30 km TC – Nagano 1998)
Karin MORODER, Gabriella PARUZZI, Manuela DI CENTA, Stefania BELMONDO (Staffetta 4x5 km – Nagano 1998)
Stefania BELMONDO (10 km TC – Salt Lake City 2002)
Cristian ZORZI (Sprint TL – Salt Lake City 2002)
Pietro PILLER COTTRER (Doppio Inseguimento – Torino 2006)
Arianna FOLLIS, Gabriella PARUZZI, Antonella CONFORTOLA, Sabina VALBUSA (Staffetta 4x5 km – Torino 2006)

I fondisti italiani hanno pertanto vinto in ogni tipo di gara, dalle 5 km femminili alle 50 km maschili, dalle sprint alle staffette, dalla tecnica libera al passo alternato. Eppure prima di partire per Sochi si sapeva già che questa striscia di podi si sarebbe interrotta.

IL MOVIMENTO FEMMINILE
Le donne non avevano alcuna chances di medaglia. È vero che di Manuela Di Centa e di Stefania Belmondo non ne nascono molte, ma anche ragazze dal nome meno blasonato sono state capaci di regalarci in passato grandi soddisfazioni, e non solo ai Giochi. Dal ritiro contemporaneo di Arianna Follis, Marianna Longa e Magda Genuin, datato primavera 2011, il settore femminile dello sci di fondo ha avuto però un vuoto generazionale che non è stato ancora colmato. La ragazza che doveva prendere le redini della squadra, Silvia Rupil, si è completamente persa dopo aver mostrato qualcosa di buono soprattutto nella terza frazione della staffetta di Vancouver, chiusa poi al quarto posto.

Eppure qualcosa all’orizzonte sembra muoversi, soprattutto fra le specialiste delle sprint: quest’anno Gaia Vuerich, classe 1991, ha sfiorato il podio in Coppa del Mondo a Nove Mesto, e ha ottenuto a Sochi il miglior piazzamento individuale di un italiano (settima nella sprint). Dietro di lei stanno lentamente crescendo altre ragazze, Greta Laurent (1992), Francesca Baudin (1993) e Giulia Stuerz (1993, nonché unica medaglia azzurra ai mondiali juniores e under23 della Val di Fiemme). Manca qualcosa per quanto riguarda le gare distance: le ragazze su cui puntare si chiamano Ilaria Debertolis (1989), Lucia Scardoni (1991) e Debora Agreiter (1991), tutte e tre con diverse presenze all’attivo in Coppa del Mondo ma ancora lontane dalle posizione di vertice.

Il prossimo quadriennio sarà fondamentale per poter giungere a Pyeongchang con maggiori credenziali rispetto a Sochi. Se la federazione ed i tecnici lavoreranno bene, le ragazze di cui sopra potranno non certo emulare Di Centa e Belmondo, ma comporre quanto meno una squadra competitiva nelle due staffette.

IL MOVIMENTO MASCHILE
Qualcuno prima di Sochi si era illuso che Federico Pellegrino potesse ambire ad una medaglia nella sprint. Pellegrino, classe 1990, si è infatti presentato in Russia forte del secondo posto nella classifica di specialità, classifica tuttavia bugiarda per due motivi: il primo è che i più forti sprinter del mondo hanno disertato gran parte delle gare(*), il secondo è che il percorso del Laura Cross-country Ski & Biathlon Center era tutt’altro che favorevole al valdostano, dotato di grande esplosività, ma ancora in difficoltà sulla resistenza, almeno rispetto ai rivali più quotati, tant’è che nella preolimpica di dodici mesi fa non riuscì nemmeno a superare lo scoglio delle qualificazioni. Se aggiungiamo la responsabilità che in molti gli hanno affibbiato in quanto unico fondista teoricamente in grado di conquistare una medaglia, ecco che l’undicesimo posto finale non può essere visto come risultato deludente, ma perfettamente in linea con le aspettative.

Pellegrino è comunque un grande talento che può solo migliorare anche nelle gare distance benché forse, visto l’andazzo dello sci di fondo moderno, sarebbe più utile rimanere uno specialista delle sprint. Insieme a lui possono crescere altri ragazzi quali Maicol Rastelli (1991), Giandomenico Salvatori (1992) e soprattutto Francesco De Fabiani (1993), il migliore degli azzurri nella 15 km a tecnica classica di Sochi e pimpante anche nella 50 km. E non dimentichiamo Dietmar Noeckler e Mattia Pellegrin, che pur essendo ormai punti fermi della nazionale italiana hanno solo 25 anni e sono dotati di talento per migliorare ancora.

LA MENTALITÀ ITALIANA
Per concludere è doverosa un’osservazione relativa alla mentalità italiana. A Sochi – Pellegrino a parte – le maggiori credenziali erano riposte in David Hofer (30 anni), Roland Clara (quasi 32 anni) e addirittura Giorgio Di Centa (41 anni). I tre, insieme a Noeckler, hanno anche composto la staffetta azzurra, staffetta che non aveva chances di medaglie e che è comunque riuscita a terminare al quinto posto. Visto che salire sul podio era impossibile, perché non schierare un quartetto di ventenni in modo da far fare loro esperienza in vista del futuro, piuttosto che una squadra dall’età media di 34 anni che non può più dare nulla allo sci di fondo italiano? Il discorso è naturalmente estendibile al settore femminile, che tuttavia ha un buco generazionale ancor più evidente tale da avere in Marina Piller (29 anni) la veterana della squadra.

Forse è questo il grosso problema non solo dello sci di fondo ma dello sport generale italiano: la mancanza di fiducia nei giovani. Piuttosto che lanciare un teenager si preferisce puntare sul veterano senza speranza con la scusa di non voler “bruciare” il giovane. Eppure se si guarda all’estero questa scusa non regge, ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Se qualcosa cambiasse in tal senso, forse il futuro dello sci di fondo italiano non sarebbe radioso come il passato, ma nemmeno buio come il presente.

(*) In stagione, fra Coppa del Mondo ed Eventi Multistages, si sono disputate otto gare sprint. Pellegrino ha partecipato a tutte e otto, piazzandosi due volte secondo come miglior risultato. La medaglia d’oro Ola Vigen Hattestad, già campione del mondo a Liberec 2009 e vincitore per due volte della coppetta di specialità, ha partecipato a cinque sprint, vincendo a Dobbiaco; la medaglia d’argento Teodor Peterson, vincitore della coppetta di specialità nel 2012, ha partecipato a cinque sprint, giungendo quattro volte in finale; la medaglia di bronzo Emil Jönsson, che è l’atleta che vanta il maggior numero di vittorie in sprint di Coppa del Mondo, ha partecipato a tre sprint, con il quinto posto di Asiago come miglior piazzamento; il quarto classificato Anders Gløersen ha partecipato a tre sprint, vincendo a Davos; il quinto classificato Sergei Ustiugov ha partecipato a tre sprint, vincendo a Nove Mesto; il sesto classificato Marcus Hellner, infine, non aveva preso parte ad alcuna sprint, ma stiamo parlando del campione del mondo di Oslo 2011. Pertanto, prima di caricare di pressione un ragazzo di 23 anni alla prima Olimpiade, sarebbe meglio informarsi e accettare positivamente l’undicesimo posto ottenuto.

 

 

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