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Reinhold Messner e Simone Moro criticano il film Everest: uno dei due sbaglia?

Messner e Moro criticano il film Everest: hanno ragione entrambi?
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Reinhold Messner e Simone Moro criticano il film Everest: uno dei due sbaglia?

Il titolo dal cast stellare, basato sul racconto di Jon Krakauer, che ha aperto il Festival di Venezia, non convince l'alpinista altoatesino perchè girato su una pista da sci e non nella Zona della Morte. Il collega bergamasco invece parla di occasione mancata per raccontare la verità dell'amico e compagno di cordata Boukreev.

Il 24 settembre è uscito nelle sale l'atteso film "Everest", che ha aperto la 72a Mostra del Cinema di Venezia ed è stato girato in parte a Cinecittà e soprattutto sul ghiacciaio della Val Senales. A novembre sarà trasmesso su Rai 2 il primo episodio del reality adventure game "Monte Bianco". Anziché dimostrare interesse verso simili opportunità attraverso le quali far conoscere al grande pubblico il fascino alpino e avvicinare più persone alle nostre valli, importanti esponenti italiani del mondo della montagna hanno lanciato duri e in parte ingiustificabili attacchi verso entrambi i progetti. Per di più ancor prima di averli visti sul grande e piccolo schermo.

Il capocordata che in Italia ha sparato le prime critiche su Everest non poteva che essere Reinhold Messner. “So che il film – ha dichiarato a La Stampa - è basato sul libro di Jon Krakauer, Aria sottile, molto bello; però è girato su una pista da sci. Quindi che cosa può far vedere della mancanza di ossigeno, dell’alta quota, della condizione data dal freddo? Niente. Sarà un tipico film di Hollywood, dove l’Everest serve come palcoscenico, come cartolina. Non racconta, non può raccontare la realtà...”

Un punto di vista al solito tranchant del primo uomo a essere salito sul Tetto del mondo in solitaria e senza ossigeno, che però forse questa volta sconfina nell'essere un giudizio frettoloso, banale e un filo spocchioso. Soprattutto nei riguardi di un cast di grande spessore con 4 attori con nomination all'Oscar come Jake Gyllenhaal, Josh Brolin, Keira Knightley ed Emily Watson. Inoltre è il primo film che di fatto condanna le spedizioni commerciali in Himalaya. Poco importa se non è stato girato nella Zona della Morte. Sarebbe come pretendere ciak sulla Luna. Senza contare che in 3 settimane ha incassato oltre 4 milioni di euro, perdendo la sfida solo con “In & Out” e “The Martian”.

Noi il film l'abbiamo visto nella versione Imax 3D e pensiamo che meriti. E' senza dubbio il meglio riuscito rispetto a tutti gli altri che hanno raccontato la celebre tragedia del maggio 1996. L'impatto della fotografia è innegabile e ti costringe a notare quanto gli alpinisti sono piccoli al cospetto del gigante di 8.848 metri. Condivisibile è il pensiero di Simone Moro espresso su MountLive: “Non giudico mai qualcosa che non ho visto e onestamente spero che sia un bel film e che faccia un buon intrattenimento cinematografico. Non mi aspetto autenticità o la narrazione corretta, vera e scrupolosa di ciò che realmente accadde in quel terribile giorno del 1996. Penso che non sia nemmeno lo scopo e l’intento del regista”.

Soprattutto Moro, che è stato 4 volte in vetta all'Everest, ha azzeccato la vera critica che andrebbe fatta al regista Baltasar Kormákur. “Peccato solo che la fonte di quel film – dice l'alpinista bergamasco sulla sua pagina Facebook – sia il libro sbagliato o meglio la voce sbagliata”. In sostanza è stata persa un'altra occasione per dare il giusto merito ad Anatoli Boukreev, compagno di cordata di Moro. Senza i suoi eroici soccorsi ci sarebbero state molte più vite perse quel giorno. Eppure, come accade spesso quando c'è di mezzo una montagna (vedi Walter Bonatti), è addirittura finito sotto accusa proprio il comportamento della guida kazaka.

Moro, che a differenza di molti guru d'alta quota è davvero figlio del suo tempo, non a caso è stato scelto da Magnolia come coconduttore del programma “Monte Bianco”, dove 7 persone, più o meno famose (tra gli altri ci sono Arisa, Enzo Salvi e Zambrotta) a digiuno di montagna, vengono accompagnate da altrettante guide alpine, per imparare a vivere in comunità in un vero e proprio campo base, dove prepararsi a superare prove in ambiente alpino.

Lui è sicuramente la persona giusta per comunicare la montagna, al contrario di chi vorrebbe restasse frequentata da pochi e senza prospettive. Il Cai, saputo del reality, al buio e in via preventiva, ha parlato di "follia e perdita di buon senso e rispetto per la montagna”, mentre Mountain Wilderness l'ha definito “sconcertante mercificazione spettacolare d'alta quota”.

Forse a casa di questi signori e di Messner le mucche e gli yak sono ancora belli grassi ma in tante comunità di Alpi e Appennini non è così. Sempre nel rispetto dell'ambiente certe occasioni dovrebbero essere guardate con mente più aperta per considerarle opportunità, anche economiche. In Tirolo lo hanno capito bene quando hanno battuto la concorrenza di Norvegia e Italia per ospitare alcune delle riprese più adrenaliniche dell'ultimo capitolo della saga di James Bond. Con “Spectre” gli austriaci hanno calcolato di ottenere un indotto di 5 milioni di euro. Non sarebbe il caso che pure le nostre cime riuscissero a incassare meglio al botteghino dal proprio incomparabile patrimonio naturale e paesaggistico?

 

#EVERESTMOVIE #CINEMA
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