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22 nuovi bacini idrici nelle vallate piemontesi

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22 nuovi bacini idrici nelle vallate piemontesi

L’UNCEM (Unione Nazionale Comuni, Comunità ed Enti Montani) Piemonte e l’ARPIET (Associazione Regionale Piemontese delle Imprese Esercenti Trasporto a fine in concessione) hanno lanciato un piano per creare 22 bacini idrici nelle valli alpine piemontesi.

Il piano è nato per dare nuove opportunità alle stazioni sciistiche piemontesi, con 22 nuovi mini-bacini idrici che garantiscano risorsa idrica per l'innevamento programmato, ma di fatto si è trasformato in un’efficace fotografia del Piemonte che vuole proteggere e usare meglio l'acqua, custodendo "l'oro blu" e valorizzandone tutti gli usi possibili. 650mila metri cubi d’acqua in più saranno a disposizione, oltre che per l’innevamento programmato, anche per usi potabili, per produrre energia elettrica, per l’agricoltura e per lo spegnimento degli incendi.

La localizzazione e i volumi delle nuove riserve idriche sono stati proposti dai proprietari-gestori degli impianti sciistici e il costo medio dello stoccaggio è stimato in 30/35 euro per metro cubo. "Siamo partiti con la Regione nel fare uno studio che permetta alle stazioni sciistiche piemontesi efficaci opportunità per l'innevamento programmato - evidenzia il presidente Uncem Piemonte, Lido Riba - Abbiamo così una fotografia esaustiva delle necessità, delle opportunità, delle compatibilità ambientali e con i corpi idrici, dei costi e delle opportunità di finanziamento pubblico-private per 22 nuovi mini-bacini, capaci di stoccare 650mila metri cubi d'acqua in più rispetto alle quantità d'acqua oggi protette da invasi in Piemonte". Venti milioni di euro l'investimento per realizzare il piano: 15 per i bacini, 5 per le condotte. Una cifra che Uncem, Arpiet e il sistema di imprese ed Unioni montane potrà trovare sul Por Fesr o grazie ai fondi nazionali FSC. Dalla Giunta regionale, l'impegno a individuare apposite risorse pubbliche per la concretizzare lo studio, tra i più avanzati di tutte le Regioni italiane.

Il piano Uncem-Arpiet dovrà correre parallelo a quello nazionale che, grazie a 300milioni di euro di fondi Cipe, permette di intervenire su 100 dighe italiane, migliorandone efficienza, aumentando capienza ed efficacia. Necessarie anche risorse economiche per infrastruttuture nuove. Molti Enti locali di diverse valli alpine, in particolare cuneesi e torinesi, da anni lavorano per realizzare bacini e piccoli sbarramenti sui corsi d'acqua. Serve programmazione, oltre a finanziamenti. Anbi (Associazione dei Consorzi di bonifica) ha presentato nei giorni scorsi un piano nazionale che solo per il Piemonte prevede 8 nuovi invasi (di grande dimensione, tra i quali l'esemplare "Serra degli ulivi" nel Monregalese) per un investimento complessivo di 490 milioni di euro. "La siccità di questa estate non è eccezionale - aggiunge Riba - come rilevato da molti esperti di dinamiche ambientali, da meteorologi e anche da economisti. Abbiamo la necessità di una migliore pianificazione dell'uso delle risorse idriche, in una logica sussidiaria tra territori. La montagna custodisce acqua, la stocca in ghiacciai e nivai, la rilascia verso valle. Non possiamo non utilizzare 6 dei 13 miliardi di metri cubi d'acqua che scendono a valle ogni anno. Un piano per nuovi invasi è necessario". Uncem sottolinea l'importanza della concertazione delle opere con i territori, ma anche il ruolo delle Unioni montane di Comuni nella pianificazione guidata dalla Regione. Ancora, "una necessaria valorizzazione dei beni ecosistemici-ambientali", sottolinea Riba. "L'acqua - precisa il presidente Uncem - ha un valore che i player dell'idroelettrico e dell'idropotabile devono riconoscere. Vanno aggiornati i canoni e i sovracanoni per i territori, devono essere scritte regole chiare. Uncem insiste da anni su questo fronte per evitare colonizzazioni, sperequazioni, speculazioni da parte di privati. Lo scriveremo ai Ministri delle Infrastrutture e dei Trasporti e concerteremo il percorso con tutte le Delegazioni Uncem, con un lavoro importante guidato dal presidente Enrico Borghi". Uncem, un mese fa alla Camera dei Deputati, ha presentato anche il "Manifesto per l'uso delle risorse idriche nei territori montani": un documento avanzato che guarda al sistema unendo aspetti ambientali, economici, paesaggistici, tra tutela, conservazione, sviluppo, crescita inclusiva, benessere equo e sostenibile.

Rispetto allo studio piemontese Uncem-Arpiet, il presidente dei titolari e dei gestori degli impianti a fune, guarda a strategie e necessità. "Lo studio elaborato dall'ing. Francione - afferma Giampiero Orleoni - dimostra due cose. In primo luogo che le aree sciabili piemontesi rappresentano una importante e fondamentale realtà economica delle Terre Alte, che spesso sopravvivono allo spopolamento e alla desertificazione soltanto grazie alla presenza degli impianti funiviari. In secondo luogo, che è determinante una serie di interventi strutturali di investimento, necessari per raggiungere delle capacità di invaso adeguate per garantire la possibilità di ricoprire con neve programmata le piste piemontesi in tempo utile". Anche quella neve, prodotta grazie a una disponibilità di acqua accumulata in autunno e poi trasformata in neve dai "cannoni" (senza alcun additivo, solo grazie al freddo e alle lance), è un accumulo base fondamentale sul quale si posano le precipitazioni nevose della stagione invernale. "I micro-bacini che abbiamo censito e mappato - prosegue Orleoni - si inseriscono perfettamente nei contesti naturali e ambientali dei territori. Nessun impatto ambientale, non vogliamo certo compromettere l'ambiente. Le nostre imprese sono pronte a contribuire alla realizzazione. L'uso plurimo della risorsa è fondamentale. Le nostre stazioni potranno continuare a vivere, garantendo 700 posti di lavoro, 750 milioni di euro di fatturato nell'indotto e ora anche 650 mila metri cubi d'acqua in più, custodita, stoccata e rilasciata per diversi scopi. Un buon investimento per la montagna, ma anche per la pianura".

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